Oggi parliamo dei disturbi del comportamento alimentare e di come poterne uscire.
Se al termine di questo articolo riconosci di poter soffrire di questi disturbi, puoi contattarmi cliccando qui e parlarne con me per risolvere definitivamente il problema.
Ma ora, scopriamo insieme cosa sono e come poterli risolvere.
Buona lettura!
Quali sono i disturbi del comportamento alimentare
Per disturbi del comportamento alimentare si intende una serie di patologie che implicano un rapporto disfunzionale con il cibo e con l’immagine del proprio corpo.
Al giorno d’oggi questo tipo di disturbi risulta molto frequente, soprattutto nella popolazione femminile. Inoltre, sembra presentarsi con maggior frequenza durante l’adolescenza e la prima età adulta (Lingiardi e Gazzillo, 2014).
La loro diffusione e il conseguente rischio di complicanze mediche hanno portato ad una maggiore consapevolezza da parte della società riguardo a questa problematica.
Infatti, nel mondo occidentale, l’idea di bellezza viene associata molto spesso alla magrezza, con l’aiuto dei modelli corporei veicolati dai mass media. Sebbene sia corretto seguire una dieta sana e fare attività fisica, l’eccessiva attenzione e meticolosità nei confronti del proprio corpo e delle calorie assunte può sfociare nel patologico, con gravi conseguenze mediche e psicologiche.
I principali disturbi del comportamento alimentare nell’adolescenza e nell’età adulta sono:
- Anoressia nervosa
- Bulimia nervosa
- Disturbo da binge-eating
Questi disturbi sono accomunati da un rapporto disfunzionale con il cibo e da un’eccessiva preoccupazione nei confronti del proprio peso.
Soprattutto nell’adolescenza l’individuo deve far fronte alle trasformazioni corporee e sociali, con conseguenze sull’immagine di sé e sull’autostima: in quest’ottica il rapporto con il cibo e la propria immagine corporea possono complicarsi, con ripercussioni sulla sfera emotiva e sociale. Infatti, le persone affette da questa tipologia di disturbi presentano bassi livelli di autostima dovuti, appunto, ad una visione distorta del proprio corpo: la valutazione della propria forma fisica non è obiettiva e, di conseguenza, non si raggiungerà mai la perfezione desiderata.
L’individuo si sentirà a disagio sia nei confronti di se stesso che nei confronti degli altri e metterà in atto dei comportamenti alimentari per prevenire questo malessere.
Le condotte tipiche di questi disturbi possono includere diete ferree ed eccessivamente restrittive, il vomito autoindotto e intensa attività fisica per prevenire l’aumento di peso, ma anche comportamenti opposti come l’assunzione eccessiva di cibo in brevi lassi di tempo.
Dal momento che il cibo e la forma fisica diventano l’elemento centrale della propria vita, la persona affetta da disturbi alimentari può evitare le situazioni sociali che implicano l’assunzione di cibo (come ad esempio una cena con gli amici, feste, matrimoni) fino ad arrivare al ritiro sociale. Oltre alle ripercussioni sociali e psicologiche, i disturbi alimentari spesso comportano gravi danni fisici.
Tali danni possono essere causati sia dall’alimentazione scorretta sia dalle condotte volte a prevenire l’aumento di peso, in particolare il vomito autoindotto.
Cosa sono la bulimia e l’anoressia
I termini anoressia e bulimia sono entrati ormai nel linguaggio comune a causa della loro aumentata frequenza tra i giovani.
Anoressia
L’anoressia è caratterizzata da un’immagine distorta del proprio corpo che porta ad un controllo ossessivo dell’assunzione di cibo dovuto alla paura incontrollata di ingrassare.
Ciò comporta un calo di peso evidente, spesso al di sotto di ciò che viene definito normale per età, sesso e statura.
L’anoressia nasce e viene mantenuta dalla paura incontrollata di ingrassare, anche se il peso risulta eccessivamente basso.
La propria forma fisica influenza i livelli di autostima, portando l’individuo a non riconoscere la gravità dell’attuale condizione di sottopeso. La paura di ingrassare viene fronteggiata tramite diverse condotte: diete ferree e nocive o digiuno, intensa ed eccessiva attività fisica, vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e diuretici.
Questi comportamenti sono dettati dal senso di colpa e di fallimento conseguente all’assunzione di cibo, anche se in minime quantità.
Le condotte alimentari nocive danno l’illusione di poter controllare la propria forma fisica, ma a causa dell’immagine distorta del proprio corpo l’individuo non si riterrà mai pienamente soddisfatto e, di conseguenza, continuerà a mettere in atto tali comportamenti nell’illusione di raggiungere uno standard fisico irrealistico. Infatti, anche se si raggiunge una situazione di sottopeso, la persona continuerà a percepirsi sovrappeso e inadeguata non riuscendo a valutare il proprio corpo in modo obiettivo.
L’anoressica, infatti, è intransigente nei confronti di se stessa e l’ostinato rifiuto di cibo non è dovuto ad un calo di appetito, ma piuttosto ad una ferrea volontà di perdere peso e non ingrassare.
Questo tipo di condotta alimentare può portare a seri danni fisici e psicologici: ciononostante l’individuo non riconosce tali rischi, anche se si presentano serie complicanze mediche.
Bulimia
La bulimia, invece, si caratterizza per ricorrenti “abbuffate”, cioè episodi caratterizzati dall’assunzione di quantità di cibo eccessive in un breve lasso di tempo (poche ore), accompagnati dalla sensazione di perdita di controllo.
Per riappropriarsi del controllo vengono messe in atto condotte compensatorie (vomito autoindotto, abuso di lassativi, digiuno, eccessiva attività fisica) finalizzate a prevenire l’aumento di peso e gestire il senso di colpa.
Generalmente, le abbuffate sono seguite da vomito autoindotto per alleviare la sensazione sgradevole di malessere fisico dopo aver mangiato grandi quantità di cibo velocemente.
Anche in questo caso, come nell’anoressia, i comportamenti patologici sono connessi a bassi livelli di autostima dovuti ad un generale senso di inadeguatezza, confermato dall’incapacità di controllarsi nell’assunzione di cibo.
L’individuo cerca di tenere nascoste queste condotte alimentari, infatti le abbuffate avvengono in solitudine con la certezza di non essere osservati. L’assunzione di eccessive quantità di cibo e le conseguenti condotte nocive per evitare l’aumento di peso fanno sì che le condotte bulimiche passino inosservate perché non si presenta un evidente calo o aumento di peso.
Cos’è il disturbo da binge-eating
Il disturbo da binge-eating o sindrome da alimentazione incontrollata si caratterizza per ricorrenti episodi di abbuffate, ma senza comportamenti compensatori come il vomito autoindotto. Infatti questa patologia è spesso connessa ad una situazione di sovrappeso o obesità.
Anche in questo caso, quindi, vengono assunte eccessive quantità di cibo (generalmente cibi grassi) in un breve lasso di tempo con la sensazione di perdere il controllo.
Come per l’anoressia e la bulimia, vi è un’eccessiva preoccupazione verso il proprio aspetto fisico e peso corporeo. Ciononostante, a differenza degli altri disturbi alimentari, nella sindrome da alimentazione incontrollata non vi è un comportamento attivo volto a prevenire l’aumento di peso: l’individuo si abbandona passivamente all’incapacità di gestire la propria impulsività nei confronti del cibo.
Gli episodi di alimentazione incontrollata, solitamente, si svolgono in solitudine perché l’individuo prova imbarazzo rispetto alle quantità di cibo ingerite. Infatti, questo disturbo è caratterizzato da un profondo disgusto verso se stessi e senso di colpa connessi all’episodio di abbuffata: essa si presenta in assenza di fame vera e propria e prosegue fin quando l’individuo non si sente sgradevolmente sazio.
Come curare i disturbi alimentari
Data la gravità dei disturbi alimentari e i possibili rischi medici che possono comportare è bene consultare il medico per iniziare il percorso di cura.
Affinché vi sia una reale guarigione, è opportuno non affidarsi unicamente alle cure mediche, volte esclusivamente a ripristinare il benessere fisico, ma è necessario intraprendere un percorso di sostegno e di psicoterapia. Infatti, se non vi è un reale cambiamento nel modo in cui l’individuo percepisce se stesso e il proprio corpo aumenta il rischio di ricadute future.
Nello specifico, un percorso di sostegno psicologico può far sì che l’individuo prenda coscienza della propria situazione: soprattutto nei casi di anoressia, il disturbo non viene vissuto come tale perché risponde, anche se in maniera distorta, all’esigenza di non ingrassare. In questi casi è bene lavorare sulla motivazione a guarire, per poi intraprendere un percorso psicoterapeutico.
La terapia breve strategica cerca di spezzare il circolo vizioso che si instaura tra l’assunzione di cibo e il vomito autoindotto.
L’intervento si focalizza principalmente sul comportamento patologico messo in atto, ma può coinvolgere anche l’intero sistema familiare, in quale spesso gioca un ruolo importante nella guarigione del paziente (Nardone, Verbitz e Milanese, 1999).
La terapia strategica presenta, per i disturbi alimentari, una percentuale di successo che supera 80%.
Inoltre, il cambiamento terapeutico avviene in modo celere ed efficace, generalmente dai 3 ai 6 mesi (Nardone, 2013).
Bibliografia
Lingiardi, V., Gazzillo, F. (2014). La personalità e i suoi disturbi. Valutazione clinica e diagnosi al servizio del trattamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Nardone, G., Verbitz, T., Milanese, R. (1999). La prigione del cibo. Milano: Ponte delle Grazie.
Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Ponte delle Grazie.
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